Gita a Pennabilli 14 settembre 2024
Sabato 14 settembre, organizzata dall’Unione dei Ciechi e degli Ipovedenti di Ravenna, ha avuto luogo una gita a Pennabilli, in Val Marecchia, sulle colline in provincia di Rimini. All’escursione hanno partecipato 30 persone. Dal 2009 il Comune di Pennabilli è passato, insieme ad altri sei, dalla provincia di Pesaro-Urbino, nelle Marche, alla provincia di Rimini, in Emilia Romagna, in seguito ad un referendum popolare. Il borgo si trova a circa 600 metri di altezza e presenta due rocche, che sono state sede di due castelli delle famiglie dei Penna e dei Billi che in origine si contrastavano, ma poi si sono rappacificate dando luogo ad un’unica città. Si tratta di un paese con soli 17 abitanti che attualmente risiedono nel centro storico, mentre in periferia ve ne sono circa 650. Il centro storico è elegante, pulito, ben tenuto, con palazzi eleganti che d’inverno sono vuoti, mentre d’estate si animano con i proprietari provenienti da fuori. Pennabilli è conosciuto soprattutto perché qui è venuto a trascorrere gli ultimi vent’anni della sua vita lo scrittore Tonino Guerra, assieme alla moglie moscovita ancora vivente, mentre lui è morto nel 2012, all’età di 92 anni. Era l’ultimo di quattro figli e studiò all’Università di Urbino, dove si laureò in pedagogia nel 1946, dopo aver trascorso un periodo di circa due anni in un campo di concentramento in Germania perché ritenuto antifascista. Lì si trovò con altri romagnoli come lui e per passare il tempo la sera Guerra recitava le poesie di Olindo Guerrini, poeta romagnolo, che conosceva a memoria. Allo stesso tempo ebbe l’ispirazione di comporre delle sue poesie che, al suo rientro in Italia, all’Università di Urbino, fece leggere al professor Carlo Bo, che ne rimase favorevolmente impressionato, così Guerra le pubblicò a sue spese col titolo di “Scarabocchi”. Quindi decise di trasferirsi a Roma dove lavorò con i maggiori registi dell’epoca: Antonioni, i fratelli Taviani, Fellini e scrisse per loro le sceneggiature di molti film famosi, tra cui “Amarcord”. Cominciò poi a scrivere dei libri, una trentina circa. Giunto all’età di 70 anni decise di ritirarsi a Pennabilli, un piccolo paese semidisabitato, dove cercava la calma, ritmi di vita lenti, una vita che si basasse sul ragionamento e sull’arte e non su un’esistenza frenetica. Si dedicò alla pittura, come aveva fatto anche da giovane, alla scultura e a propagare le proprie idee. Favorì la costruzione del “Giardino dei frutti dimenticati”, dove non vennero piantate piante e fiori recenti o nuovi, ma rimasero solo vecchi alberi e piante, come a ritrovare un paesaggio antico, tranquillo e lontano. Poi, in una strada del centro del paese fece realizzare 7 meridiane, con cui si misurava il tempo nei secoli passati. Installò varie madonne sui muri di una strada del paese, nonostante fosse ateo. Visse in questo borgo per circa vent’anni in un palazzo detto “Casa dei mandorli” per l’abbondanza degli alberi di mandorlo che vi coltivava. Il centro del paese era abitato da poco più di 10 persone e Tonino guerra visse dedicandosi alle sue attività artistiche e di pensiero. Aveva dei ritmi lenti e riposanti, approfondiva i suoi pensieri che sono conservati e trascritti in una strada della cittadina. Questa fu la sua vita a Pennabilli fino alla morte avvenuta a Sant’Arcangelo di Romagna, in occasione di un inverno molto rigido e di un’imponente nevicata. Tonino Guerra si può considerare un’artista a tutto tondo: poeta, pittore, scrittore, scultore, regista, sceneggiatore. Dopo il pranzo con piatti tipici in un ristorante della zona, ci siamo recati a Perticara per visitare un’antica miniera di zolfo in disuso. In realtà, abbiamo visitato solo una riproduzione della miniera e le guide ci hanno descritto il suo funzionamento. La miniera è stata aperta nel 1917 ed è stata in attività fino al 1964. Aveva centinaia di chilometri di gallerie ed una profondità massima di 700 metri, negli anni si è sviluppata fino a divenire la più importante d’Europa. Durante gli anni della sua attività hanno perso la vita ufficialmente 150 persone e probabilmente altri 60 non ufficialmente. I minatori scendevano in miniera nudi o seminudi per il gran caldo e per estrarre lo zolfo usavano piccone o martello e scalpello, più spesso delle cariche di esplosivo. Quindi i pezzi di minerale grezzo venivano caricati su dei carrelli di ferro che venivano spinti a mano sui loro binari fino alla superficie. Questa miniera fu chiusa non per esaurimento del minerale, ma perché all’estero lo zolfo si estraeva con costi minori perché i minatori venivano pagati meno. I locali della miniera e le sue gallerie erano angusti e bui, le gallerie profonde, il lavoro pericoloso a causa dei possibili crolli e incidenti dovuti alle esplosioni.
Dopo questa interessante e ben organizzata gita siamo rientrati a Ravenna. Durante la giornata e soprattutto durante il viaggio in pullman e il pranzo abbiamo avuto l’occasione di conoscerci meglio e familiarizzare tra noi.
Articolo di Riccardo Satriano