Gita a Comacchio e alle delizie degli Estensi

Gita a Comacchio e alle delizie degli Estensi

A cura di Riccardo Satriano

Sono le 7:30 del mattino di Venerdì 30 Settembre, quando prendiamo posto sulla corriera, siamo 25 persone tra soci e accompagnatori dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Ravenna. Il tempo è nuvoloso, arriviamo nei pressi di Portomaggiore, dove si trova la prima delle due residenze che dobbiamo visitare: Delizia Verginese.

Qui incontriamo la nostra guida: Lucia, che ci conduce davanti ad un’ampia costruzione rettangolare a due piani, molto elegante, di colore bianco, che si erge nella pianura verde. La villa Delizia Verginese ha, alle due estremità del tetto, due torrette per parte, che avevano la funzione di colombaie. Alla dimora si accede da un vialetto delimitato da siepi di viburno. Questa casa ospitò Alfonso I d’Este e la sua compagna Laura Dianti, dopo la scomparsa della prima moglie del Duca, Lucrezia Borgia, morta di parto a 37 anni. Sembra che il padre di Lucrezia, Papa Alessandro VI, pur essendosi Alfonso I e Laura regolarmente sposati, abbia fatto in modo di far scomparire il certificato di matrimonio per favorire i figli di primo letto del genero. Alfonso I e Laura Dianti, che vissero tra la fine del ‘400 e i primi lustri del 500, ebbero due figli e trascorrevano i mesi estivi in quella villa, che non è lontana dai lidi ferraresi.

Laura Dianti era molto più giovane del marito, era una donna della borghesia, sprovvista di titoli nobiliari, ma bella, elegante, intelligente ed abile ad intrattenere rapporti con nobili ed artisti di cui amava circondarsi, soprattutto quando si trovava a Ferrara, città che, come noto, nel Rinascimento ospitò numerosi artisti. Nella villa è conservata una copia del ritratto di Laura Dianti eseguito da Tiziano, il cui originale si trova a Praga.

Tiziano aveva eseguito anche un dipinto del Duca Alfonso I, che è andato perduto. Attualmente la dimora, ben conservata e ben tenuta, ospita un Museo e delle mostre, tra cui una di quadri raffiguranti personaggi ferraresi moderni, fra cui il regista Michelangelo Antonioni, Vittorio Sgarbi, Alessandro Noce, giornalista che si trova al secondo piano.

Nel 500 furono ritrovati, non lontano dalla villa, i resti di una città etrusca: Spina. Nel 2005, a poca distanza dalla residenza, nel corso di lavori agricoli, venne alla luce un cimitero romano. Furono rinvenute intatte alcune steli sulle sepolture, con le quali fu allestito nella villa un museo che abbiamo visitato. Sulle steli sono scolpiti i nomi dei defunti, appartenenti tutti ad una famiglia romana, quella dei Fadieni.

Quindi, ci rechiamo a vistare la seconda residenza, Delizia Belriguardo, a qualche chilometro di distanza, in località Voghiera. Si tratta di una dimora ben più grande e importante che si estendeva su venti ettari, con attorno quaranta ettari di terreni. Fu costruita a partire dal 1435 e ospitava, durante l’estate, l’intera corte estense. Era dotata di circa quattrocento stanze e due stalle, una con centocinquanta cavalli e una, riservata al Duca, con dieci cavalli. Vi era un grande invaso dove si praticavano giochi e battaglie navali. Delizia Belriguardo fu abitata dagli Estensi fino al 1598, quando, esauriti i discendenti, la famiglia si trasferì a Modena. Le loro terre, da quel momento, passarono al governo pontificio.

La residenza fu abbandonata e lasciata ai contadini, che fecero sale, granai e stalle e dedicarono il restante spazio alle loro abitazioni. Ancora oggi è abitata da alcune famiglie. Nella villa è ospitato un museo dove sono conservati reperti romani, estratti da scavi eseguiti nelle zone circostanti. Qui sono esposti alcuni sarcofagi in legno: quelli più semplici hanno il coperchio piatto, quelli più eleganti hanno il coperchio spiovente. Sono anche conservati oggetti di uso comune: aghi in osso, bottiglie di vetro, monete, anelli in oro con pietre, pendenti, lampade ad olio. L’unico esempio di decorazione pittorica si trova nella Sala delle Vigne, che è adiacente al palazzo principale. Il soffitto è decorato da tralci di vite, foglie e grappoli d’uva come se vi fosse un pergolato come tetto. Ai quattro angoli della stanza, quattro cariatidi sostengono il tetto, con sullo sfondo paesaggi immaginari. Una delle pareti è occupata da grandi finestre, quella di fronte ritrae i principali personaggi della famiglia Estense, che potevano essere ammirati da chi mangiava nella sala. Questi affreschi furono eseguiti, tra gli altri, da artisti come Pisanello, Ercole de’ Roberti, Girolamo da Carpi. Gran parte degli affreschi è andata perduta e a noi sono arrivate solo le descrizioni.

Si è fatta l’ora di proseguire, così, saliti sulla corriera, ci dirigiamo verso Comacchio sotto la pioggia.

Raggiungiamo Comacchio e ci portiamo nella zona del Ponte dei Trepponti. La città, infatti, nel centro presenta una zona di canali e ponti simili, in piccolo, a quelli di Venezia. L’acqua dei canali proviene dalle valli adiacenti alla città: le famose Valli di Comacchio, dove crescono le anguille. Ci dividiamo in gruppi e ci rechiamo nei ristoranti sul lato del canale per pranzare. Così, oltre che degustare l’anguilla, possiamo conversare tra di noi e rinsaldare i nostri rapporti di vicinanza e di amicizia che si sono stabiliti in anni di conoscenza e di frequentazione.

L’ambiente è gradevole e bello, vi sono parecchie persone che pranzano al ristorante, unica nota stonata la pioggia che aumenta di intensità. Verso le 15 ci rechiamo, sotto gli ombrelli, verso la cattedrale, dove ci riuniamo per ripararci.

Intanto, Lucia continua a darci spiegazioni. La Cattedrale è affiancata da un alto campanile, crollato pochi giorni dopo la costruzione per errori di calcolo del progettista, quindi ricostruito.

La cattedrale è del 1600, in stile barocco, grande, abbastanza semplice, senza particolari addobbi per risparmiare sui costi, è dedicata a San Casciano.

La produzione delle anguille delle Valli di Comacchio si è ridotta fortemente negli ultimi 30 anni, passando da oltre 300 quintali agli attuali 44 quintali all’anno, per cui l’economia della città ne ha risentito. Oggi è necessario addirittura importare le anguille dalla Spagna o da Adria, in Veneto, perché i ristoranti possano servirla ai clienti. Anche la fabbrica di trasformazione, presente in città, lavora molto meno di un tempo. L’economia cerca di rimediare col turismo, vi è anche una modesta produzione di sale dalle saline locali.

Comacchio, compresi i sobborghi,  conta 20.000 abitanti. Il centro ha circa 10.000 abitanti, per cui si tratta di una piccola città. La gente è abbastanza chiusa, religiosa e ci tiene a mantenere le proprie tradizioni.

Intanto, ha smesso di piovere. Sostiamo lungo i canali e raggiungiamo di nuovo i Trepponti che si intrecciano sopra il canale principale costituendo un’attrazione per i turisti.

Lucia ci spiega che in un museo che si trova sul lato del canale è conservata una nave romana rinvenuta negli anni 80, a poca distanza dalla città, con tutto il suo carico.

La gita è ormai terminata, salutiamo la nostra guida e rientriamo a Ravenna.