Giornate Culturali IRIFOR a Ravenna - UICIRA

Due giornate di visita ad importanti monumenti ravennati ed all’itinerario dantesco

Sabato 6 e domenica 7 novembre si sono tenute a Ravenna, con la partecipazione dell’Uici provinciale, organizzate dall’Irifor regionale, due giornate di visita ad importanti monumenti Ravennati: la Basilica di San Vitale, il Mausoleo di Galla Placidia e la Chiesa di Sant’Apollinare Nuovo e un tour dantesco, guidati dall’architetto Fabio Fornasari, proveniente da Bologna. Prima ci siamo recati alla Basilica di San Vitale, uno dei più importanti monumenti della città, proclamato sito Unesco nel 1996. Si tratta di una chiesa costruita a partire dal 532 dal vescovo Ecclesio e terminata nel 547 dal vescovo Massimiano per celebrare l’insediamento dell’Imperatore Giustiniano, proveniente da Bisanzio, nella capitale d’Italia e dell’Impero romano d’occidente, in quegli anni trasferita a Ravenna. La chiesa è formata da quattro ottagoni che convergono verso un quinto ottagono centrale, cuore dell’edificio, nell’insieme la struttura ha forma di croce greca. Questo edificio è stato costruito con tecnica architettonica mista romana e bizantina. Ogni costruzione ottagonale è sovrastata da una cupola sorretta da pilastri e volte slanciate. Caratteristici sono i capitelli corinzi , formati da monoliti ricavati da un unico blocco, a forma di cesto, sovrastati da pulvini, che danno ulteriore slancio alle volte. I muri sono costruiti con mattoni. L’altare maggiore si trova in un angolo rispetto all’ingresso principale. Nel centro del catino absidale che lo sovrasta vi è la figura di Cristo Pantocratore, più in basso vi sono i più famosi mosaici della basilica, che ritraggono l’imperatore Giustiniano circondato dalle guardie, con accanto la moglie Teodora, seguiti dall’arcivescovo Massimiano, che concluse i lavori della basilica nel 547. Questi mosaici sono di colori brillanti, privi di prospettiva, ma di straordinaria bellezza. Si intende riaffermare la cristianità dell’impero bizantino e il suo primato sulle altre religioni. L’ambiente è molto alto, sovrastato da una grande cupola, sulla quale vi è ritratta la figura di San Vitale. Di fronte all’altare vi è la vasca battesimale. Questo ambiente dà luogo a giochi di luci e ombre. Nel 1960 vi fu installato un organo a canne e attualmente vi si eseguono dei concerti. L’edificio è circondato da un ampio giardino recintato da una cancellata.

Accanto alla Basilica di San Vitale vi è il Mausoleo di Galla Placidia, che governò Ravenna per un lungo periodo nel corso del VI secolo in modo illuminato, al posto del figlio Valentiniano III, ancora fanciullo. Ella fece costruire il mausoleo paleocristiano tra il 525 e il 550 che però pare non abbia mai contenuto le sue spoglie, nè quelle dei suoi familiari, ma fu usato come un oratorio o una cappella. In ogni caso, si tratta di un capolavoro, dichiarato bene dell’umanità dall’Unesco nel 1996. E’ una piccola costruzione a croce latina con una volta centrale e volte a botte su ognuno dei bracci. Sulla porta d’ingresso vi sono le figure di due leoni che lottano tra loro fra tralci di vite, alla sommità della cupola una pigna. Nell’interno domina la cupola, che raffigura un cielo stellato dipinto di blu, con al centro la croce di Cristo. Alle estremità della cupola vi sono le figure di San Pietro, con una chiave nella mano sinistra e di fronte quella di San Paolo. Tra gli apostoli e la croce vi sono delle colombe che brucano l’erba di un prato, a simboleggiare gli uomini che hanno bisogno di Dio. Ai lati vi sono delle finestrelle, dette lunette, ricoperte da alabastro trasparente, che lasciano filtrare un po’ di luce, per cui l’ambiente risulta poco illuminato. Accanto alla lunetta a sinistra dell’ingresso vi è il mosaico raffigurante San Lorenzo, che cammina su una graticola, recando sulla spalla destra una croce, mentre è intento ad osservare i vangeli custoditi in un mobile di fronte a lui, a simboleggiare il suo martirio a causa della fede. Al di sopra della porta d’ingresso vi è un mosaico raffigurante il buon pastore, in cui viene ritratto un giovane Cristo imberbe, seduto su un masso posto su un prato, con intorno delle pecore. Accanto alle altre lunette, poste ai lati della navata centrale, vi sono dei cervi che si abbeverano presso dei ruscelli e delle colombe che pure bevono, a simboleggiare la necessità di alimentarsi della fede. Il Mausoleo di Galla Placidia è il primo esempio di monumento paleocristiano-bizantino a Ravenna. A seguire ci rechiamo, attraversando il centro della città, alla Basilica di Sant’Apollinare Nuovo. Si tratta di un edificio di notevoli dimensioni e altezza, con a fianco un alto campanile staccato dalla chiesa. In origine questa basilica, che si trova nelle immediate adiacenze del palazzetto di Teodorico, fu fatta costruire dal re goto, che era di religione ariana. Teodorico se ne serviva per le celebrazioni a cui partecipavano i suoi cortigiani ed i notabili della sua gente. Alla morte di Teodorico la chiesa fu acquisita dai Cristiani. I lavori di costruzione della basilica ebbero inizio nel VI secolo e proseguirono fino al XX secolo, in quanto la cattedrale fu colpita da un importante terremoto nel 715, che provocò dei gravi danni all’abside e subì un bombardamento nel 1916, nel corso della prima guerra mondiale, in seguito al quale riportò gravi danni. Quando divenne cristiana fu dedicata a San Martino, ma nel IX secolo vi furono trasferite le spoglie di Sant’Apollinare dalla Basilica di sant’Apollinare in Classe, per metterle al sicuro dai pirati Saraceni, per cui prese il nome di Sant’Apollinare Nuovo. La basilica consta di tre navate, di cui quella centrale è doppia rispetto a quelle laterali, vi sono dodici colonne per lato che delimitano la navata centrale da quelle laterali, separate da archi a tutto sesto. Sul muro tra le colonne ed il soffitto a cassettoni vi sono i mosaici che decorano la chiesa. Sul muro di sinistra, guardando l’altare, vi sono dei mosaici che ritraggono delle vergini, su quello di destra vi sono delle figure di martiri. In alto sono ritratti episodi della vita di Cristo, che erano stati eseguiti dagli Ariani di Teodorico e che sono stati, in gran parte, cancellati e rifatti quando la chiesa divenne cristiana. Si tratta comunque di una basilica di grande importanza ed è anch’essa stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Non contiene più le spoglie di Sant’Apollinare, patrono di Ravenna, che sono state riportate presso la Basilica di Sant’Apollinare in Classe. Fabio ha realizzato e ci ha fatto vedere dei graziosi e precisi modellini in cartoncino della Basilica di Sant’apollinare Nuovo e di San Vitale, che abbiamo potuto vedere e toccare e che ci hanno aiutato a farci un’idea più precisa delle due chiese. Dopo quest’ultima visita, con un certo appetito, ci siamo recati a pranzo presso un ristorante del centro della città, dove abbiamo consumato un ottimo pranzo e chiacchierato amabilmente tra di noi, eravamo una bella tavolata di una quindicina di persone.

Il giorno successivo, domenica7 novembre, sempre accompagnati da Fabio Fornasari, abbiamo visitato i luoghi danteschi. Si tratta di alcuni posti che sono collegati con la memoria del sommo poeta, che, com’è noto, trascorse a Ravenna gli ultimi anni della sua vita, assieme a parte della sua famiglia e dove finì di scrivere la Divina Commedia. Questi luoghi sono concentrati in una piccola porzione del centro di Ravenna. Il monumento più noto è la tomba di Dante, che si trova in fondo alla via omonima. E’ un monumento funebre in stile neoclassico progettato dall’architetto Camillo Morigia a metà del ‘700. Non si tratta di una costruzione di particolare pregio, è coperto da una cupola, dalla gente comune viene chiamata:” la Pivarola”, perché ha la forma di un macinapepe. Al suo interno sono conservate le spoglie di Dante e vi arde perennemente una lampada ad olio che viene fornito tutti gli anni dai fiorentini. Vicino alla tomba vi è una casa appartenuta alla famiglia Da Polenta, dove il poeta visse per un periodo, che reca all’esterno una lapide e all’interno un piccolo museo. Pure nelle immediate vicinanze della tomba vi è il museo dantesco, ospitato nell’adiacente convento dei francescani. Qui vi sono dei corridoi in cui vengono conservati dei cimeli, tra cui la cassetta in cui vennero conservate e nascoste le ossa di Dante dal 1677 al 1865 e inoltre vengono conservati preziosi manoscritti del sommo poeta e molte delle sue opere edite a stampa. Nei corridoi del museo delle voci registrate ripetono alcuni tra i versi più celebri della commedia, molti dei quali sono entrati a far parte del linguaggio comune: “amor ch’anullo amato amar perdona”, Inferno canto V; “ considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”, Purgatorio, canto XXVI; “amor che move il sole e l’altre stelle”, gli ultimi versi del Paradiso. E’ noto che il poema è considerato uno degli scritti più pregevoli della letteratura mondiale di tutti i tempi. Un altro luogo dantesco viene considerata la vicina Basilica di San Francesco, dove il poeta spesso si ritirava a meditare e a pregare e dove ebbero luogo i suoi funerali nel settembre del 1321. Un altro luogo dantesco è la pineta di Classe, pochi chilometri a sud di Ravenna, che viene ricordata nel XXVIII canto del Purgatorio. Da non dimenticare l’annosa vicenda della contesa delle spoglie di Dante con i fiorentini, che avrebbero voluto riportare a Firenze le spoglie del poeta e i Ravennati, che invece volevano conservarle nella città che lo aveva accolto dopo l’esilio e dove aveva concluso i suoi giorni, contesa in cui prevalsero i ravennati. Per questo motivo, come s’è detto, le ossa di Dante rimasero murate all’interno del convento dei francescani per circa 180 anni, per impedire che fossero trafugate. La tomba di Dante è meta di tanti turisti ed in passato è stata luogo di riunione per gruppi di patrioti ed irredentisti. Questo perché, com’è noto, Dante Alighieri è considerato il padre della lingua italiana, in quanto la Divina Commedia fu la prima opera scritta in “volgare”, che era l’italiano dell’epoca, o meglio, è dal volgare che derivò la lingua italiana, mentre in quel periodo tutte le opere e gli scritti ufficiali erano in latino. Questo per precisa volontà del poeta che aveva l’ intenzione di coniare una nuova lingua per l’Italia, che ancora non c’era, in quanto il paese era suddiviso in vari staterelli. Ma Dante guardava lontano e intravedeva e propugnava, oltre ad una lingua comune, l’unità d’Italia e ciò si evince anche dalle altre sue opere, in particolare dal “De Monarchia”. Finito l’itinerario dantesco ci siamo recati a mangiare allo stesso ristorante del giorno precedente. Dopo il pranzo ci siamo salutati e dati appuntamento alla prossima iniziativa.

Riccardo Satriano
Ravenna, 15-11-2021